Violenze e molestie su donne con problemi psichiatrici a Jesi Sulla vicenda della struttura di cohousing di via del Verziere interviene con un una nota l'Associazione Tutela Salute Mentale per la Vallesina: Accertare la lunga filiera delle responsabilità

11.06.2024

Dopo il clamore iniziale per l'orrore consumatosi nell'appartamento di cohousing in via del Verziere, 55 a Jesi, - dove almeno cinque donne con problemi psichiatrici sarebbero state picchiate e molestate all'interno della struttura - sulla vicenda è calato un assordante silenzio interrotto dall'Ordinanza del Consiglio di Stato pubblicata il 31 maggio 2024 che sospende in via cautelare la sentenza del TAR Marche. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Comune di Jesi che riteneva la struttura dovesse essere soggetta ad autorizzazione (L.R. 21/2016) e non fosse appartamento autogestito "ispirato" al modello della Vita Indipendente (L.R. 21/2018). Punizioni corporali, lucchetti alle finestre e sottrazioni di cibo, per le violenze sono stati arrestati i gestori della casa di assistenza i coniugi Franco Frantellizzi, di 86 anni, trovato con i pantaloni abbassati su una ospite di 65 anni grazie alle spycam della Squadra mobile (nascoste) in tutta casa, e Dina Mogianesi, di 78 anni. Ecco i fatti eclatanti del caso ancora oggetto degli approfondimenti d'indagine della magistratura, un caso su cui è intervenuta con una nota (che pubblichiamo) l'Associazione Tutela Mentale per la Vallesina; "Tutti ci auguriamo che le indagini possano approdare ad una verità che renda giustizia alle vittime e ad ogni cittadino che si sia sentito offeso ed indignato".

"L'iter in corso - prosegue la nota - è stato in larghissima parte reso possibile dalla vigilanza incessante dell'Associazione Tutela Salute Mentale per la Vallesina, che a fronte di una totale mancanza di ascolto e di dialogo da parte dei vertici del Dipartimento di Salute Mentale ha coinvolto fin da subito tutte le Istituzioni in causa. Il silenzio, anche allora, si è mostrato assordante e financo complice".

"Un'Associazione di tutela per la salute mentale, che opera da oltre 25 anni sul territorio della Vallesina, non può esimersi dall'esporre presunte violazioni delle norme, specie se coinvolgenti soggetti particolarmente fragili, e non può smettere di porsi domande con diritto di ottenere risposte in tempi non biblici anche e, soprattutto, dalla politica regionale, che proprio del diritto alla salute ha l'onere e l'onore di occuparsi. La nota prosegue con "qualche domanda: 1) Se la salute è come è un bene costituzionale irrinunciabile, perché certi dirigenti in carriera non si discostano, vantandosene perfino, dalla logica del risparmio (via del Verziere viene portata ad esempio in tal senso), invece di impegnarsi a spendere meglio e bene le risorse a disposizione? 2) Perché le responsabilità di chi decide politiche, strategie, progetti, protocolli, intese… sono sempre più difficili da accertare rispetto a quelle di chi esegue? 3) Nel caso specifico, le ospiti abusate e maltrattate sono state messe al riparo da possibili manipolazioni? O sono state inserite piuttosto dentro il medesimo sistema che non le ha sapute proteggere?